L’esperienza del lungomare di Napoli, in occasione della Coppa America di vela, è la risposta alle decisioni di altri comuni per limitare le auto dai centri abitati. Tutto cominciò a Barcellona, che nel 1992 grazie alle olimpiadi smise di dare le spalle al Mediterraneo
di ANTONIO CIANCIULLO
ALLONTANANDO le macchine dal lungomare Caracciolo in occasione della Coppa America di vela e sperimentando un’area a traffico limitato grande 150 ettari, Napoli ha riscoperto l’odore del mare, ridato le strade ai pedoni e ai bambini, ridotto lo sforzo dei nostri polmoni costretti a fare da filtro all’inquinamento, restituito forza e dignità a un trasporto su ferro cresciuto negli ultimi anni. E’ la risposta del Meridione al segnale lanciato da Milano con l’inaugurazione dell’area C, l’ingresso a pagamento nel centro.
E’ un “uno-due” che dimostra come l’Italia abbia la possibilità di seguire l’esempio di Barcellona, che nel 1992 – grazie ai Giochi Olimpici – ha saputo ripensarsi smettendo di dare le spalle al Mediterraneo e facendo arrivare il ritmo delle ramblas sul mare. E di tenere il passo delle grandi città del centro nord Europa, che da anni sperimentano soluzioni a basso contenuto di gas serra e ad alto livello di soddisfazione per i cittadini.
A Friburgo ci sono più biciclette che abitanti grazie ai 500 chilometri di piste ciclabili. Un terzo delle strade cittadine è riservato alle bici, un terzo ai tram e bus e solo un terzo alle auto. Il 90 per cento dei residenti abita in aree dove vige il limite di velocità di 30 chilometri all’ora e il 28 per cento degli spostamenti avviene in bicicletta.
A Stoccolma le auto si muovono pagando l’accesso in un’area di 24 chilometri quadrati. La decisione di adottare il road pricing è stata presa nel giugno del 2003, mentre la partenza del programma, dopo una sperimentazione di sette mesi e un referendum vinto, è avvenuta il primo agosto 2007. Da allora le emissioni serra sono diminuite e l’efficienza del trasporto è aumentata.
Di fronte a questi esempi vincenti per anni l’Italia è rimasta a guardare. Ora, nello spazio di pochi mesi, si sono mosse Milano, Napoli, Torino (con la corsa per diventare una smart city), Firenze (con la pedonalizzazione di una vasta area centrale). E’ la dimostrazione che il monopolio dell’auto (per decenni incontrastata padrona delle politiche dei trasporti) può essere sconfitto con scelte capaci di portare molti vantaggi.
Il primo è in termini di salute. L’Oms (Organizzazione mondiale della salute) calcola che le polveri sottili provocano ogni anno 8.200 morti nelle 13 principali città italiane, mentre riducendo la loro presenza da 70 a 20 microgrammi per metro cubo, come stabilito dalle nuove linee guida, le vittime diminuirebbero del 15 per cento, cioè si potrebbero salvare 1.230 vite l’anno solo in queste città.
Il secondo è in termini di energia. In Italia il sistema dei trasporti assorbe circa il 30% dell’energia utilizzata. Per raggiungere gli obiettivi europei di riduzione dei gas serra e di aumento dell’efficienza bisogna intervenire anche sul traffico: mentre una metropolitana può trasportare 70 mila passeggeri l’ora e una linea di un autobus o tram su corsie preferenziali più di 30 mila, una corsia piena di auto con due persone a bordo solo 4.000.
Il terzo vantaggio è in termini di spazio. Negli Stati Uniti ogni automobile occupa una superficie equivalente a un appartamento di quattro persone e nelle 10 maggiori città italiane ci sono più di 5 milioni di auto (messe insieme formerebbero una coda che fa il giro del mondo). Ma 6 biciclette in movimento occupano lo stesso volume di un’auto in movimento, 20 bici parcheggiate lo stesso volume di un’auto parcheggiata.
Il quarto è in termini economici. Secondo l’Unione europea, in termini inquinamento, giornate di lavoro perse per malattia, posti letto occupati i danni prodotti dal traffico valgono il 4 per cento del Pil.
(07 maggio 2012)