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Ubi, ecco tutte le richieste della Fabi – IL SEGRETARIO SILEONI INTERVISTATO DA MF-MILANO FINANZA

di Redazione

Ubi, ecco tutte le richieste della Fabi –

Il segretario Sileoni parla a MF alla vigilia dell’assemblea di domani

MF-MILANO FINANZA, venerdì 27 aprile 2012 

di Luca Gualtieri

Domani l’assemblea di Ubi Banca dovrebbe registrare un’affluenza di gran lunga superiore al passato. Segno che quest’anno l’appuntamento della seconda popolare italiana è particolarmente sentito dagli azionisti. C’è grande attesa per l’intervento di Giorgio Jannone, l’imprenditore e parlamentare Pdl che dal giugno scorso ha messo nel mirino i vertici di Ubi. Per la prima volta Jannone dovrà illustrare agli azionisti della banca le sue strategie e proporre un progetto alternativo a quello portato avanti dal consigliere delegato, Victor Massiah. Ma anche sindacati e dipendenti-soci vogliono farsi sentire. In prima fila c’è la Fabi, che ha assunto una posizione di moderata equidistanza tra i vertici e Jannone, e che vuole portare all’attenzione dei soci le esigenze dei lavoratori. Il segretario, Lando Sileoni, ne parla con MF-Milano Finanza.

Domanda. Sileoni, Lei interverrà direttamente all’assemblea?

Risposta. Non interverrò dalla tribuna perché preferisco che siano i nostri coordinatori di gruppo e i delegati delle banche a portare un contributo. Certo, ci sono diversi aspetti della gestione che meritano riflessioni attente.

D. Si riferisce all’ipotesi di banca unica, ventilata diverse volte anche se mai confermata dal gruppo?

R. L’ipotesi di banca unica, cioè la rinuncia al sistema federale, ci troverebbe fortemente contrari in quanto produrrebbe centinaia di dipendenti in esubero. Questa è una banca popolare, non una società per azioni e le decisioni più importanti devono essere condivise anche dai 19.500 dipendenti del gruppo. Tuttavia essere a favore del sistema federale non significa che l’attuale assetto sia immutabile. Anzi, appare tutt’altro che perfetto. Occorrono dei correttivi sostanziali che evitino duplicazioni, dispersioni, lentezze decisionali e paludamenti come lo strapotere e l’elefantiasi di certe strutture di staff, lontane dal cliente e dal mercato.

D. Quindi cosa direte in concreto in assemblea?

R. La Fabi ha sempre sostenuto due capisaldi: il dialogo tra i lavoratori e la banca e l’esercizio di un ruolo costruttivo rispetto ai processi di governance del gruppo. Privilegeremo chi saprà tutelare l’occupazione e chi saprà rappresentare al meglio una visione concreta di sviluppo, che negli ultimi tempi è venuta meno. Privilegeremo chi esprime programmi e strategie e chi saprà valorizzare le tante professionalità esistenti nel gruppo. La Fabi vuole svolgere anche una politica di stimolo verso gli attuali vertici, fornire delle evidenze oggettive, così come ha fatto quando ha denunciato i problemi di alcune società prodotto, l’eccessivo costo e l’affollamento di alcuni organi societari.

D. Che cosa pensa del punto all’ordine del giorno in assemblea, che prevede di incentivare il top management assegnando delle quote azionarie?

R. Ragioni di buon senso e di lungimiranza politica dovrebbero indurre i vertici a maggiore cautela e a ponderare al meglio certe scelte. Dico però che l’equità interessa e investe tutte le varie fasi della gestione: le carriere, le scelte per gli incarichi, la rappresentanza degli azionisti, il rapporto con i fornitori, un argomento che approfondiremo perché nasconde alcune ombre, le autonomie decisionali delle banche. C’è bisogno di un cambiamento non solo per difendersi dagli effetti della crisi, ma per ripensare alcune politiche organizzative, come una miglior assistenza alla clientela, un presidio più attento del territorio e una prospettiva di crescita condivisa da tutto il personale.

D. In questi ultimi mesi si è ipotizzato l’inserimento di rappresentanti dei lavoratori nei due board. Cosa ne pensa?

R. Siamo in campagna elettorale e le aperture dei vertici su questo argomento sono tutte da verificare. Vedremo nei prossimi mesi se ci sarà una lista alternativa che concorrerà contro l’attuale gruppo che gestisce l’istituto. È prematura quindi ogni nostra valutazione. Voglio però ringraziare l’attuale direttore generale, Graziano Caldiani, che sta per andare in quiescenza, per lo straordinario lavoro svolto in questi anni. Caldiani ha saputo ben amalgamare le due anime, bresciana e bergamasca, lavorando con buonsenso, lungimiranza politica e rispetto verso tutto il personale dell’istituto.

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MF-MILANO FINANZA, giovedì 26 aprile 2012

Molti lavoratori della banca si sono iscritti al libro soci grazie al battage dei sindacati – Dipendenti-soci in campo su Ubi Molto attiva Fabi, più smarcata dai vertici della popolare, ma anche i confederali si stanno dando da fare. All’assemblea di sabato 28 atteso il doppio delle presenze rispetto al passato

di Luca Gualtieri

L’assemblea della seconda banca popolare italiana resta un appuntamento di primo piano per il mondo della finanza, soprattutto in considerazione del fatto che da mesi l’istituto è oggetto di un insistente tiro al piccione. Nata nel 2007 dalla fusione fra Bpu e Banca Lombarda, Ubi Banca è diventata subito crocevia di interessi divergenti. Tra soci bergamaschi e bresciani il malumore serpeggia da anni, ma finora i vertici non hanno subito reali contraccolpi. L’ascia di guerra è stata dissotterrata nel giugno scorso da Giorgio Jannone, imprenditore (Cartiere Pigna) e parlamentare Pdl, che ha messo nel mirino il gruppo dirigente di Ubi e le sue strategie. Nonostante l’exploit iniziale, molti ritengono che il fenomeno Jannone si sia progressivamente sgonfiato e che oggi il parlamentare Pdl non disponga dei numeri per incidere sul futuro di Ubi, anche per la mancanza di alleati eccellenti.

In questi ultimi mesi, però, all’interno del gruppo lombardo è emerso un nuovo soggetto in grado di far sentire la propria voce e l’assemblea degli azionisti di sabato 28 sarà la prima occasione per misurarne il peso e la consistenza. Si tratta del gruppo dei dipendenti-soci, il cui numero è cresciuto mese dopo mese e che oggi potrebbero essere in grado di condizionare l’esito delle assemblee.

Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, sabato il padiglione 1 della Fiera di Brescia potrebbe ospitare un numero di azionisti molto superiore rispetto alle ultime assemblee, e qualcuno ipotizza perfino che l’affluenza possa raddoppiare. Regista di questa operazione sono i sindacati del credito, con la Fabi in prima fila. La sigla guidata da Lando Sileoni ha infatti lanciato una massiccia campagna per convincere i dipendenti a comprare le 250 azioni necessarie a chiedere l’ammissione a libro soci. La mobilitazione di sabato servirà insomma come prova di forza per dimostrare ai vertici di Ubi la compattezza e la determinazione della Fabi, anche se per il momento non si conoscono le rivendicazioni specifiche del sindacato. In linea generale sul tappeto dovrebbero esserci temi come l’occupazione, le politiche salariali, i compensi degli amministratori, i piani di incentivazione ai top manager, la sostituzione dei membri del consiglio di sorveglianza e il dividendo degli azionisti. Una strategia simile è stata seguita anche dalle sigle confederali, con la Fisac-Cgil in prima fila, ma in questo caso i sindacati vogliono fare sponda al gruppo dirigente, prendendo con chiarezza le distanze da Jannone: «Le sirene di Jannone e del Centrodestra non ci incantano né nella politica né nelle banche: produrrebbero solo danni», ha dichiarato a MF-Milano Finanza Agostino Megale, segretario generale della Fisac-Cgil. «Va coltivato l’attuale gruppo dirigente di Ubi perché si consolidi e si rinnovi all’insegna del rafforzamento delle relazioni sindacali». La cautela dei confederali è comprensibile, se si considerano le recenti mosse dello stesso Jannone. A fine 2011 il parlamentare Pdl ha annunciato che le sue Cartiere Pigna usciranno da Confindustria, seguendo l’esempio della Fiat di Sergio Marchionne. La mossa ha destato preoccupazione tra i sindacati confederali, che oggi guardano con diffidenza a Jannone anche nel comparto bancario.

È chiaro però che tutte le formazioni sindacali sono pronte a giocare un ruolo da protagonista nella vicenda Ubi. Una massiccia discesa in campo che per certi aspetti ricorda quanto accaduto in tempi recenti nella Popolare di Milano. Le analogie però non devono trarre in inganno, anche perché le storie di Ubi e di Piazza Meda sono molto diverse e i modelli di governance nei due gruppi bancari non sono comparabili.

In ogni caso, i 19.500 dipendenti di Ubi sono un esercito imponente e chiunque sia in grado di dirigerlo avrà in mano un’arma formidabile per condizionare le strategie del gruppo.

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