Banche, il rinnovo passa ma con «solo» il 59,3% di sì – Necessarie più di 1.500 assemblee prima delle votazioni.
Cristina Casadei
I sindacati dei bancari ripartono da un sì al nuovo contratto pari al 59,3% dei votanti che hanno raggiunto un numero record per la categoria: 97.978 persone. Il triplo rispetto al precedente rinnovo quando avevano votato quasi 33mila persone. Così come da record è il numero di assemblee: 1.500. La strategia è stata infatti quella di fare incontri piccoli per poter spiegare meglio il contratto che più di altri ha acceso gli animi della categoria ma che forse ha consentito anche ai sindacati di mettere in agenda una serie di nuove istanze. La consultazione della base, così capillare come non mai in passato, è servita anche a questo. I sì hanno vinto in alcune grandi città, come Torino, Milano, Firenze, Roma e soprattutto nelle roccaforti dei segretari generali: Viterbo per Lando Sileoni (Fabi), Cosenza per Agostino Megale (Fisac), Alessandria per Giuseppe Gallo (Fiba) e Bologna per Massimo Masi (Uilca). I no invece hanno predominato in Liguria e parte della Campania, grazie all’ala scissionista della Fisac, guidata da Mimmo Moccia, ex segretario generale che insieme al Sallca Cub ha portato avanti una campagna per il no molto agguerrita, comunque compensata con i sì della Sicilia.
Sileoni dice che «sono stati sconfitti e sconfessati tutti quelli che hanno cercato di strumentalizzare la vicenda del rinnovo contrattuale per fini propri, scommettendo su una immaturità della categoria che esiste solo nella loro mente. I bancari, ancora una volta, hanno dimostrato capacità di analisi e di valutazione e lungimiranza sul proprio futuro, approvando un contratto che non solo li mette al riparo dagli appetiti dei banchieri, ma guarda con attenzione alle generazioni future».
Gallo che rappresenta la memoria storica della categoria dice che per ritrovare una situazione analoga «bisogna andare indietro fino al 1990 quando abbiamo istituito l’area contrattuale. Intervenne perfino il ministro del Lavoro Carlo Donat Cattin, dopo ben 90 ore di sciopero. O al 1999 con il contratto che istituì il fondo di solidarietà che ha messo la categoria al riparo dai licenziamenti. Nei momenti di crisi la categoria ha sempre manifestato lungimiranza: anche in questa occasione di fronte a un contratto fondato sulla solidarietà, con il fondo per l’occupazione, e su un aumento economico dignitoso di 170 euro a regime».
Per Megale non bisogna dimenticare che i bancari sono arrivati alla consultazione «nel pieno della crisi economica ma anche mentre tutti gli italiani sono stati alle prese con le addizionali regionali, le addizionali locali, l’Imu, l’aumento della benzina, la riforma del mercato del lavoro». In più vi sono elementi di preoccupazione che attraversano la categoria in particolare, come «il cambiamento degli orari di lavoro, ma anche le difficoltà insorte per il blocco degli scatti di anzianità». Masi dice che «il malessere emerso va raccolto. Come Uilca ce ne faremo carico ma bisogna cambiare il tipo di rappresentatività: i gruppi hanno creato grande accentramento nelle sedi di direzione delle trattative e invece bisogna essere di più tra i lavoratori. E poi bisogna anche che ci sia chiarezza nei rapporti unitari». Quanto all’ala scissionista della Fisac, Megale assicura: «Non rinuncio all’obiettivo di una Fisac Cgil più unita con gli altri ma anche più unita al uso interno». Guardando avanti, da questa settimana riprendono i negoziati nei gruppi, con Unicredit, e il timore dei sindacati che ci possa essere un seguito proprio a questo livello c’è.