di Denis Artioli
ROMA. Il ministero del Lavoro prende le distanze dalle dichiarazioni del sottosegretario al Tesoro, Gianfranco Polillo, sul caso-esodati, i lavoratori che hanno accettato di uscire dal lavoro prima che la riforma allungasse l’età pensionabile e si sono ritrovati così senza stipendio e senza assegno pensionistico.
Il governo sta cercando una soluzione, ma il costo potrebbe sfiorare i 3 miliardi l’anno per un massimo di cinque anni. Emerge l’ipotesi di una sorta di indennità di mobilità transitoria che accompagni questi lavoratori alla pensione. Oggi, comunque, è prevista una riunione tecnica tra ministero del lavoro, Inps e Ragioneria dello Stato per verificare i numeri. E per trovare una via d’uscita c’è tempo fino al 30 giugno: lo ha ribadito il ministro del Lavoro, Elsa Fornero.
Per il 2012, comunque, non ci sarà nessuno che resterà senza lavoro e senza pensione. Il problema toccherà chi avrebbe dovuto raggiungere i requisiti per la pensione nel 2012 (per uscire dal 2013 in poi) e ha fatto accordi negli anni scorsi con le aziende per un percorso di mobilità verso la pensione. «Gli esodati – aveva detto Polillo a La7 – hanno firmato un accordo con le aziende; se cambiano le condizioni che hanno legittimato quell’accordo possono chiedere che sia nullo». Un’affermazione che ha riacceso le speranze di migliaia di persone catapultate in un inquietante limbo tra lavoro e pensione.
A riportare tutti con i piedi per terra, ha pensato lo stesso ministero del Lavoro, guidato da Elsa Fornero, che fa sapere: «Se il sottosegretario Polillo ha la ricetta giusta per risolvere il problema, se ne deve far carico personalmente». Il tema è delicatissimo, l’Inps non sa quanti siano con precisione i soggetti che si trovano in questa condizione. La Cgil, però, sapendo quanto sia diffusa la preoccupazione tra gli esodati parla di «improvvisazioni irresponsabili». Da parte del sottosegretario Polillo, comunque, nessuna retromarcia, anche dopo le polemiche di questi giorni.
Anzi, dopo aver ribadito la sua posizione ha aggiunto che la questione è una «tempesta in un bicchier d’acqua: queste persone non stanno in mezzo a una strada». «E’ un problema molto serio – fa notare invece il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia –. Non è però accettabile che questo significhi un aumento del costo del lavoro per le imprese».
E Lando Maria Sileoni, segretario della Fabi, il maggiore sindacato bancario, fa presente che solo nel settore bancario la questione riguarda ben 22mila persone.