Uno studio, pubblicato in Svezia nel 2008, dimostra addirittura che se una persona ha delle capacità di lettura superiore al 30% della popolazione, dopo un anno questa maggiore capacità scende al 25%.
La sofferenza legata alla perdita del lavoro si riflette molto probabilmente anche sulle capacità di cercarne con energia e con fiducia un altro. Secondo un’indagine pubblicata dalla Federal Reserve Bank di Chicago, il 34% dei disoccupati trova lavoro nel primo mese successivo al licenziamento. Ma solo il 19% dei rimanenti disoccupati lo trova nel settimo mese successivo al licenziamento: più perdura la disoccupazione, più diventa difficile trovare un lavoro.
Ricollocarsi significa spesso tornare indietro. I lavoratori rimasti disoccupati durante la crisi degli anni ‘80 negli Stati Uniti, per esempio, vent’anni dopo guadagnavano il 20% in meno rispetto ai colleghi nella stessa situazione.
È noto che la perdita del lavoro non corrisponde alla sola perdita del reddito. Si perdono gli amici, si perde il rispetto di se stesso, conclude Appelbaum. Considerazioni note, certo, ma che una volta in più possono portare a riflettere sul fatto che in Italia, da chiunque vengano proposte le riforme del mercato del lavoro, si trascura sempre, anzi si ignora totalmente, il problema del ricollocamento. Nel nostro Paese i centri per l’impiego non funzionano. Tutti gli studi dimostrano che attraverso il canale pubblico viene ricollocata una percentuale ridicola di lavoratori disoccupati. Il problema non si risolve con un’indennità di disoccupazione erogata per un anno.