Home Rassegna Stampa COME CAMBIERÀ IL SETTORE- Le previsioni dell’Abi – Banche, un futuro con guadagni al lumicino – La redditività cade ai minimi storici (0,3%) e il peso dei crediti in sofferenza aumenterà fino al 2013 (da IL GIORNALE, giovedì 22 dicembre 2011)

COME CAMBIERÀ IL SETTORE- Le previsioni dell’Abi – Banche, un futuro con guadagni al lumicino – La redditività cade ai minimi storici (0,3%) e il peso dei crediti in sofferenza aumenterà fino al 2013 (da IL GIORNALE, giovedì 22 dicembre 2011)

di Redazione

Massimo Restelli

Le banche del futuro non solo saranno messe alle corde da ricavi e margini ai minimi storici ma faticheranno a liberarsi dai «lacci» dei debiti che le legano a famiglie e imprese: quest’anno le sofferenze dovrebbero appesantirsi del 38,8% e peggiorare ancora sia nel 2012 (+9,9%) sia nel 2013 (+5,5%).

La diagnosi è dei «medici» dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana, secondo cui entro il 2013 la crisi costerà alle banche 8 miliardi di ricavi netti. Non solo, il rapporto di previsione stilato dall’associazione di Giuseppe Mussari stima che a fine anno la redditività del sistema scenderà al minimo storico dello 0,3% e anche la «lieve ripresa» successiva «non sarà in grado di modificare in modo significativo» la situazione: tanto che nel 2013 il Roe sarà al 3%. In sostanza ogni banconota da 100 euro impilata nei caveau renderà solo 3 monete da un euro. Essendo il Roe il rapporto tra utili e patrimonio, il crollo è influenzato dalle ricapitalizzazioni con cui gli istituti di credito hanno affrontato la crisi e il diktat dell’Eba, ma il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, teme che gli istituti «cambino Dna per fare più finanza e meno attività di banca commerciale». A preoccupare è anche la decisione del governo di mettere un tetto alle commissioni sulle carte di credito». Nel 2013 il Core Tier One, l’indice della solidità delle banche, salirà comunque al 9,3%, nonostante la «tarma » della redditività.

Il referto dell’Abi denuncia l’urgenza per le banche di puntellare i margini tagliando i costi; compresi quelli del personale: Palazzo Altieri conferma il «quadro recessivo» nel 2012 (-0,7%) e la stagnazione nel 2013 (+0,2%); la crescita degli impieghi rallenterà al 2,8% (dal 3,6% del 2011). Il decreto salva-Italia del governo costerà 4 decimi di Pil tra 2012 e 2013, mentre la disoccupazione resterà sopra l’8% fino al 2013.

Da qui il braccio di ferro sul rinnovo del contratto dei bancari: l’Abi vuole chiudere a gennaio (l’incontro è il 16) e Francesco Micheli, che conduce le trattative, ha detto ai leader della Fabi (Lando Maria Sileoni) e delle ex «confederali » Uilca ( Massimo Masi), Fiba ( Giuseppe Gallo) e Fisac (Agostino Megale) che l’unico modo per salvaguardare l’occupazione è concedere alle banche di tenere le filiali aperte al pubblico fino alle 10 di sera,riportare all’interno dei gruppi le attività esternalizzate applicando stipendi inferiori del 20% rispetto ai minimi contrattuali, così come ai nuovi salari di ingresso. In cambio dell’aumento proposto (150 euro in 3 anni), l’Abi ha poi chiesto ai sindacati di restituirne la metà rinunciando temporaneamente a diritti acquisiti come le ex festività e i permessi.

«Occorre un equilibrio tra recupero dell’inflazione, compensazione normativa temporanea e solidarietà generazionale per favorire nuova occupazione con il contributo anche dei top manager », attacca Sileoni: «In assenza di uno di questi tre punti, ricorreremo alla mobilitazione del personale usando mezzi non convenzionali».

«Un contratto a costo zero è inaccettabile – aggiunge Masi – non rinunceremo mai al recupero salariale. I sacrifici siano condivisi da tutti, a partire dai vertici».

Ma la vera partita sarà quella successiva, quando si andranno a discutere i piani industriali dei singoli gruppi creditizi, messi all’angolo dal macigno della riforma delle pensioni che blocca gli esodi.

 

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