Cristina Casadei
Un contratto straordinario. Abi e i sindacati ieri si sono lasciati aggiornandosi al 2012 per tentare di chiudere a fine gennaio un accordo che sarà influenzato «dalle difficoltà massime del momento in cui all’aumento degli oneri a carico delle banche e al calo di redditività, di produttività e di ricavi si sommerebbe il costo del nuovo contratto, in uno scenario in cui la stessa Confindustria ha previsto per il prossimo anno un Pil in calo dell’1,6%», ha detto Francesco Micheli che guida la delegazione sindacale di Abi. Questo significa che «non si può ricorrere a pregiudiziali non più insostenibili alla luce della crisi in atto», continua. Come per esempio ragionare in termini di recupero inflattivo secondo automatismi negoziali che le banche non possono più garantire. Serve quindi quello che Micheli ha definito «uno sforzo straordinario che al di là delle attitudini sindacali consenta di trovare soluzioni dove a fronte di un aumento economico ci sia un recupero della produttività misurabile in una logica di stretto scambio».
Per Abi non si può quindi parlare tout court di inflazione: la piattaforma presentata in giugno ma ideata alla fine dello scorso anno dai sindacati «può essere un riferimento politico, ma dal punto di vista dei contenuti è stata largamente stravolta dagli eventi», osserva Micheli. Come di consueto il capo delegazione di Abi ha aggiornato la controparte sullo scenario di riferimento che «peggiora di giorno in giorno anche perché la manovra economica sta comportando degli ulteriori sacrifici da parte delle banche e una pesante riduzione dei ricavi in una prospettiva di breve termine». A questo si aggiunga che la manovra nella parte che riguarda la riforma delle pensioni «pur essendo inevitabile, necessaria e improcrastinabile produce pesanti conseguenze a carico delle imprese perché è evidente che le banche che puntavano sull’uso del fondo di solidarietà non potranno più farlo come qualche mese fa. Allontanandosi la data di riferimento della pensione, infatti, il numero dei potenziali fruitori del fondo è oggi prossimo allo zero e quindi andranno cercati strumenti alternativi come per esempio i contratti di solidarietà».
Il grado di consapevolezza dello scenario economico dei sindacati è alto, così come lo è la richiesta che arriva dalla base di un nuovo contratto. Ma anche la necessità e il vincolo di portare a casa un risultato economico. Per questo i sindacati saranno al lavoro durante la pausa natalizia.
«Non vogliamo fare un contratto di emergenza. Vogliamo fare un contratto straordinario», dice il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni. Dal punto di vista sindacale questo significa che «il contratto dovrebbe tenere conto dell’architettura politica delle richieste» e cioè innanzitutto «il recupero dell’inflazione», osserva Sileoni. I sindacati nella loro piattaforma unitaria hanno avanzato una richiesta di 204 euro di aumento, mentre la controparte starebbe ragionando su una cifra più vicina a 150 euro. A fare avvicinare le parti potrebbero però esserci una serie di compensazioni temporanee che rappresentano richieste diverse. I sindacati chiedono «un fondo per l’occupazione giovanile con un salario di ingresso minore che ancora non è stato quantificato e che sarà finanziato attraverso la solidarietà dei banchieri e dei top manager che dovrebbero congelarsi lo stipendio per tre anni e contribuire con un 5-6% della loro retribuzione», spiega Sileoni.
Le banche, tra l’altro, chiederebbero il congelamento degli scatti di anzianità, un allungamento dell’apertura dello sportello e la sospensione della fruizione delle 23 ore della banca delle ore. Misure temporanee che potrebbero incontrare il consenso dei sindacati a patto che «i risparmi vadano a finanziare il fondo per l’occupazione. Oltre al fatto che ai superstipendi dei top manager corrispondano super risultati», dice Sileoni.
Sulla stessa linea il leader della Fiba Giuseppe Gallo che aggiunge: «I sacrifici che vengono richiesti sono pesanti». Ma possono essere discussi solo sulla base di due pre-condizioni: «Solidarietà ed equità». Massimo Masi della Uilca conferma la volontà forte di continuare la trattativa con la premessa che «il pilastro del contratto dovrà essere l’equità distributiva, quindi gli eventuali sacrifici dovranno riguardare tutta la categoria, in primis il top management» e che in futuro «gli esuberi dovranno essere non da costo ma verificati nei numeri e nelle varie unità produttive».