Home Rassegna Stampa "Escalation-esuberi in Intesa Sanpaolo" (PLUS, sabato 4 giugno 2011 – di Nicola Borzi)

"Escalation-esuberi in Intesa Sanpaolo" (PLUS, sabato 4 giugno 2011 – di Nicola Borzi)

di Redazione

Per l’azienda 10mila eccedenze Sindacati sul piede di guerra

«Considerate le eccedenze di personale di oltre 10mila unità». Sono le esatte parole, inserite nella seconda pagina di una lettera di quattro per l’avvio delle procedure sindacali sul piano di impresa 2011-2013, che è stata inviata il 30 maggio da Marco Vernieri, direttore del personale di Intesa Sanpaolo, alle segreterie aziendali e nazionali di Dircredito, Fabi, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Sinfub, Ugl Credito e Uilca. Su questa frase è scoppiato uno scontro al calor bianco tra i sindacati, in particolare la Fabi, e l’azienda. Sono volate parole grosse e lo strappo non pare facile da ricucire.

«Plus24» ne aveva parlato già il 16 aprile, spiegando che il piano d’impresa 2011-2013/15, presentato dall’ad Corrado Passera l’11 aprile ai sindacati, prevedeva sul fronte occupazionale oltre 5mila persone da ricollocare in ruoli commerciali (in tre anni), a fronte di circa 8mila “efficientamenti totali”, con i dipendenti del gruppo che caleranno da 101mila a fine 2010 a 98mila a fine 2013 (in Italia a fine 2010 i dipendenti erano 70.660) per il blocco del turnover. Nel progetto sono previsti interventi su almeno mille filiali, con un centinaio di aperture e 400/500 tra chiusure e accorpamenti in caso di sovrapposizione, passando dalle attuali 5.500 a 5.100/5.200 in Italia a fine percorso. Il tutto per ottenere 770 milioni di risparmi di costo nel triennio.

Ma la lettera del 30 maggio ha alzato ulteriormente l’asticella dei risparmi, scrivendo che «la riduzione strutturale del costo del lavoro» deve essere pari ad «almeno 300 milioni di euro con effetto dal primo gennaio 2014».

Apriti cielo. Numeri che non tornano sul fronte occupazionale (si parlava di 8mila “efficientamenti” con 3mila uscite e 5mila “riconversioni” – tutte da verificare e da gestire – e ora si legge di oltre 10mila “eccedenze”), risparmi di costo del personale che si impennano (da 770 milioni in tre anni, per una media annuale di poco meno di 257 milioni, a 300 dal 2014) hanno scatenato le ire dei sindacati aziendali che a strettissimo giro di posta hanno pubblicato una nota unitaria nella quale contestano che «l’azienda fornisce oggi una nuova e preoccupante interpretazione delle linee di intervento tracciate al momento della presentazione del piano d’impresa.

Spicca come una smaccata contraddizione, rispetto alle posizioni assunte dall’Abi nel confronto nazionale, il possibile ricorso al Fondo di solidarietà per gestire l’uscita di personale in caso di mancata riqualificazione dei 5.000 addetti».

I sindacati hanno giudicato nell’insieme le «provocazioni che giungono dalla controparte» come un «un segnale gravissimo per le lavoratrici e i lavoratori di Intesa Sanpaolo» e hanno respinto la lettera perché «unico dato certo è che la banca intende raggiungere gli obiettivi del Piano d’Impresa attraverso la riduzione del costo del lavoro confermando quindi la tesi degli analisti, che gli obiettivi di crescita, contenuti nel piano, sono troppo ambiziosi».

Le segreterie nazionali dei sindacati di settore hanno preso immediatamente posizione contro il management della prima banca nazionale. Massimo Masi, segreterio generale della Uilca, e Agostino Megale, segretario generale della Fisac/Cgil, non hanno mancato di esprimere critiche pesanti.

Ma lo scontro ha raggiunto una durezza inusitata con l’intervento del segretario nazionale della Fabi, Lando Sileoni, che ha definito «sconcertante e socialmente “vergognoso” che il gruppo Intesa, in un momento così difficile per il Paese e per il mondo del lavoro, dichiari 10mila esuberi, a maggior ragione per un gruppo che ha l’ambizione di porsi come la banca “di riferimento” della nazione», chiedendo l’intervento della politica e del Governo.

Affermazioni smentite da un portavoce del gruppo, secondo il quale «le affermazioni della Fabi, che sconcertano nel tratto e sorprendono nei contenuti, sono destituite di fondamento. Intesa Sanpaolo precisa che restano ovviamente confermati gli obiettivi del Piano d’Impresa in materia di riorganizzazione e di riqualificazione delle risorse, obiettivi peraltro apprezzati anche dalla Fabi».

Ma Sileoni ha ribattuto immediatamente «Banca Intesa mente sapendo di mentire e smentisce solamente la Fabi. È una vergogna».

Ora il confronto rischia di trasformarsi in una guerra di trincea con le parti asserragliate sulle rispettive posizioni. Uno scontro rischioso per Intesa Sanpaolo, che ha alle viste l’aumento di capitale, ma anche per i sindacati impegnati in una prova di forza parallela con l’Abi sul rinnovo del contratto nazionale di categoria (si veda l’articolo a pagina 6) e sul Fondo di solidarietà di settore.

 

(PLUS, sabato 4 giugno 2011 – di Nicola Borzi)

 

 

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