RIFLESSIONI SULL’AUMENTO DI CAPITALE DELLE BANCHE
Come avrete notato, in questi giorni si discute molto sul tema della ricapitalizzazione degli Istituti Bancari.
In realtà, si tratta della forma tecnica dell’aumento di capitale, per l’occasione definita in altro modo.
Ma cos’è, esattamente, l’aumento di capitale?
Secondo il Dizionario di “Banca, Borsa e Finanza” è un’operazione rientrante nell’ambito più vasto delle variazioni di capitale.
Il suo scopo può essere:
a) adeguare le strutture economiche e finanziarie del patrimonio dell’azienda alle mutate esigenze operative;
b) effettuare una modifica, esclusivamente aritmetica e contabile, dei valori patrimoniali, lasciando comunque inalterata la struttura aziendale.
Nel primo caso, si parla di variazione reale di capitale; nel secondo, di variazione fittizia e formale.
(Per ogni approfondimento, la materia trova nel nostro ordinamento giuridico una previsione legislativa negli articoli: 2438 – 2443 e 2495 del Codice Civile).
Vediamo cosa sta succedendo:
I principali Gruppi Bancari nazionali (per es. Intesa, UBI, Montepaschi, ad eccezione, per ora, di BPM ed Unicredit), legandosi alla presentazione dei nuovi piani industriali e motivando le proprie richieste con l’esigenza di soddisfare i più rigorosi criteri patrimoniali richiesti da Basilea III, si apprestano a richiedere ai soci (in gran parte alle Fondazioni) e al mercato, la sottoscrizione di consistenti aumenti di capitale (per l’occasione definiti, appunto, ricapitalizzazioni).
Basilea III richiede alle banche di allinearsi alla “nuova normalità” con più rigorosi coefficienti sia per il patrimonio, sia per la liquidità.
Unicredit, peraltro, al momento, non ha preannunciato un aumento di capitale, avendo, di recente, già raccolto circa 6,6 miliardi di Euro soprattutto col concorso delle Fondazioni azioniste (ma, certo, non ci stupiremmo più di tanto di fronte a un ripensamento..).
Di fronte a queste prospettive generali, tenuto conto che gli aumenti di capitale si realizzeranno pressochè contemporaneamente – richiedendo un grande sforzo in termini di drenaggio della liquidità – il mercato attende anche di conoscere come questi saranno impiegati.
La risposta compete, in primo luogo, ai Vertici e al Top Management che, oltre a battere cassa, devono indicare anche al personale e alla comunità finanziaria come intendono operare, con quali progetti esecutivi, con quali scelte, con quali oneri.
Purtroppo, si è dovuto constatare che decisioni così importanti e “segrete” vengono adottate in pochi giorni e, quindi, più che di efficienza, in qualche caso è sembrato trattarsi di improvvisazione.
Ma diamo tempo al tempo e verificheremo i risultati.
La preoccupazione del Management è, spesso, quella di controllare le reazioni della comunità finanziaria nazionale ed internazionale ai loro annunci, mentre passano in second’ordine gli obiettivi veri che possono essere alla base di un aumento di capitale, cioè alla base di una nuova richiesta di fiducia al mercato in cambio di denaro.
Le parole d’ordine potrebbero essere: chiedere denaro, in cambio di strategie in grado di essere convertite in risultati e benefici per tutti i diversi attori del sistema.
Purtroppo, però, non sempre i conti tornano.
A questo punto, vorrei, appunto, toccare un argomento davvero molto delicato evitando, chiaramente, di trattarlo in chiave demagogica.
Mi riferisco alla responsabilità del Top Management e dei vertici societari nelle operazioni di incremento di capitale.
Il sensibile calo degli utili, accompagnato dalla decrescita e dalla vorticosa perdita di valore delle quotazioni dei titoli azionari delle banche (specie dei grandi gruppi), è stato determinato dalle condizioni di difficoltà dell’intero sistema finanziario, ma anche da veri e propri errori del Management.
Penso a certi piani industriali faraonici, che promettevano dividendi da 1 Euro, 1,50 Euro per azione ed utili di miliardi, rivelatisi, oltre che illusori, addirittura falsi, in quanto fondati su operazioni spericolate e speculative che hanno indebolito la struttura patrimoniale di certi gruppi.
Penso alla pratica di finanziare all’eccesso i propri azionisti industriali, penso alla concentrazione di rischi su alcune controparti pericolanti, penso ai guasti provocati dai geni coccolati della finanza…
Di fronte a tutto ciò viene da chiedersi dove siano oggi questi managers e di che cosa si occupino.
Purtroppo, spesso (e tralascio di citare nomi e cognomi), sono ancora al loro posto.
A volte, addirittura, sono stati promossi da Direttori Generali a Consiglieri Delegati; altre volte, sono diventati Presidenti di banche d’affari; in altre occasioni, ancora, hanno cambiato casacca facendosi ripescare da amici generosi e compiacenti.
E qui si potrebbe continuare parlando della grande iniquità che colpisce, invece, in maniera inesorabile, chi, operando allo sportello, registra, magari, una piccola differenza di cassa.
Tornando al sistema, oggi, attraverso la ricapitalizzazione, anche nel linguaggio utilizzato dalle banche, si è passati dalla “creazione di valore per gli azionisti” ai “benefici attesi per tutti gli stakeholders”.
Si parla infatti di aumento di capitale necessario per ottenere:
– produttività in crescita;
– miglioramento del cost in/income;
– risparmi di costo;
– contenimento del profilo di rischio;
– miglioramento della liquidità;
– più forte solidità patrimoniale;
– flusso di dividendi più sostenuto;
e, infine, di maggiore resistenza a shock di qualsiasi natura.
Non mancano i richiami, di rito, alla centralità del cliente, e le immancabili lodi al culto dell’innovazione a tutti i livelli.
Insomma: siamo tutti invitati a credere che l’aumento di capitale sia un passaggio necessario ed essenziale per assicurare nuovo sviluppo.
Credo che vada sottolineato che – in tutti gli Istituti, in occasione della presentazione dei Piani Industriali – oltre alla leva finanziaria, sarà doveroso un confronto leale ed aperto con i lavoratori, con i loro rappresentanti nazionali, in un quadro che sia libero da ipoteche concettuali.
Solo la contrattazione, attuata con convinzione e in maniera vera – cioè senza cercare di vincere già in partenza e senza cercare di addomesticare gli interlocutori – saprà indicarci la strada per fronteggiare il nuovo e offrire prospettive di concreta stabilità ai giovani e a tutti i dipendenti.
Le strategie finanziarie non possono essere il pretesto per indiscriminate operazioni sugli organici, per puntellare manager traballanti o perpetuare il potere di Consigli di Amministrazione, nei quali la maggiore preoccupazione dei componenti è salvaguardare poltrone, gettoni e prebende.
Se la sfida è il nuovo, allora anche qui occorre avere il coraggio di cambiare.
Prima dell’intervento del Governatore della Banca d’Italia, il Banco Popolare, con un’operazione da due miliardi di euro, aveva dato il via alla stagione delle ricapitalizzazioni.
A seguire, il Gruppo Ubi, con un miliardo di euro, Intesa Sanpaolo con 5 miliardi e MPS con 2,5 miliardi, hanno continuato a ricapitalizzarsi.
Più capitale nelle banche significa anche poter assistere meglio l’economia locale.
Questo è uno degli obiettivi che il Ministro del Tesoro Tremonti e i banchieri hanno concordato, in questa nuova alleanza fra politica e sistema finanziario.
Gli analisti finanziari, i mercati e i giornalisti economici hanno espresso, tranne qualcuno, considerazioni favorevoli e ottimistiche.
Prima di anticipare giudizi positivi e improbabili “sviolinate”, è opportuno verificare concretamente che siano raggiunti i risultati prefissi.
Una cosa è certa: sul nuovo Contratto Nazionale di lavoro e sulle trattative che ancora devono partire peserà non poco questa scelta di autofinanziamento delle banche.
10 commenti
E poi ancora Queste sono le dichiarazioni del Segretario Generale della FABI, voglio vedere quanti, e chi, avrà il “coraggio” di affermare queste cose, pubblicamente e in un momento così difficile per il sistema creditizio. Ci vuole coraggio, determinazione e profonda conoscenza della materia e degli argomenti che saranno affrontati in sede di rinnovo contrattuale, per dire ciò che Lando ha detto. Quando il Segretario Generale della più grande e rappresentativa Organizzazione dei bancari, ha il coraggio di dire la verità in questa fase in cui, molti altri, asseriscono cose non vere e fantasiose, pur di attirarsi le simpatie dei bancari, mette in risalto la sua onestà morale e intellettuale. Grazie Lando.
Il momento è difficile al di là di ogni ragionevole dubbio.
Solo attraverso un’approfondita conoscenza delle strategie in atto nel mondo finanziario, possiamo condurre un negoziato per il rinnovo contrattuale i cui contenuti sono ormai noti. Basilea III, le ricapitalizzazioni, le convergenze tra politica e finanza per un rilancio dell’economia locale, saranno alla base del dibattito nelle prossime trattative.
Considero il mio richiamo alle controparti, per un confronto leale con i rappresentanti dei lavoratori, come l’unica via per condividere le scelte future.
Articolo importante, chiaro, centrato, veramente condivisibile : forza Lando !
Grazie Paola della tua attenzione. L’articolo vuole essere un momento di riflessione in merito al percorso che stiamo facendo. Di questi tempi non possiamo abbassare la guardia e dobbiamo far sentire la nostra voce e far conoscere il nostro pensiero.
Concordo con il collega Di gennaro, ci vuole coraggio a confrontarsi con franchezza con un potere forte quale quello rappresentato da controparte, ci vuole coraggio e saggezza per farlo senza assumere posizioni oltranziste ma con diponibilità alla mediazione intelligente.
Un momento di cambiamento qual’è l’attuale ha bisogno di un Sindacato che non blateri ne s’inchini, ha bisogno di un Sindacato propositivo ma fermo nel confronto, che esprima leadership tra le altre OO.SS.
Quale sarà il futuro resta un’incognita, sulla quale peserà la nostra determinazione oltre a fattori al di là del nostro controllo quali le scelte politico economiche delle banche; comunque resta e resterà l’orgoglio per l’appartenenza ad un Sindacato capace di fare politica vera, a partire dal suo Segretario Generale per finire all’ultimo dei suoi attivisti, senza “supercazzule” dietro alle quali nascondere il vuoto pneumatico delle idee e l’assenza delle volontà.
Lasciatelo dire da uno che “viene da fuori” ed ha avuto l’onore di essere accolto in un’Organizzazione che gli era stata descritta come un “circo sbilenco e venduto”, descrizione alla quale, per mia somma fortuna, non ho creduto.
Benvenuto nella nostra Organizzazione. Come hai notato, non ci mancano né il coraggio, né la disponibilità ad un confronto, semprechè questo sia tra soggetti di pari dignità.
La Fabi – e te ne sei accorto subito – non è per nulla un circo (con gli aggettivi che hai riportato), bensì un sindacato storico, responsabile e, soprattutto, autonomo.
Condivido il tuo richiamo sulla responsabilità del Top Management e sui suoi errori (che non ammetteranno mai!), come elemento compartecipativo dei guasti provocati al sistema. L’importante è che alla fine non sia sempre Pantalone a pagare; non bisogna mai dimenticarsi, quanto abbiamo già dato in termini di sacrifici economici e profuso, in assoluto, in termini di responsabilità ed abnegazione. L’imminente rinnovo contrattuale non puo’ passare sopra le teste dei lavoratori, dai quali, a mio giudizio, senza con ciò voler essere oltranzisti, non è più lecito chiedere alcunché; così come non è giusto, il refrain che si verifica in tema di rinnovo:
tentativi per procedere alla riduzione dei costi, tentativi più o meno maldestri, di modificare profondamente le previsioni in tema di assetti inquadramentali, tentativi d’introduzione di mobilità territoriale e professionale , nuove flessibilità d’ingresso sul lavoro e, dulcis in fundo, il tentativo aberrante d’introdurre l’indennità di disoccupazione, anche se è stato assicurato che rimarrà ai margini del Contratto. Certamente sono consapevole che la stagione che abbiamo davanti sarà costellata da “lacrime e sangue”, ma, al tempo stesso, sono e siamo sereni per la consapevolezza di avere alle nostre spalle una grande Organizzazione ed un grande Leader.
Dici bene, caro Lino, quando parli di una stagione difficile e del rituale “pianto greco” che precede ogni rinnovo. Ai contenuti della piattaforma ci crediamo e li vogliamo realizzare. Il mio costante richiamo sulle responsabilità dei top manager vuole sottolineare l’iniquità dei trattamenti: se il cassiere ha una differenza, preleva dal suo portafoglio; se a sbagliare è un top manager, rischia di essere promosso ad incarichi più prestigiosi.
Credo che la crisi in cui ci hanno portato le nostre banche e il nostro governo, governo forse più preoccupato al processo breve che allo stipendio “breve” (perchè non arriviamo nemmeno alla seconda settimana del mese), comporti una ricapitalizzazione delle aziende bancarie.
Infatti alcune aziende di credito sono cresciute rapidamente ma in modo troppo grande per le loro strutture di capitale. Le imprese bancarie con i loro sviluppi “mordi e fuggi” si occupano del breve termine, in fretta, con capitali insufficienti che non sono coerenti con i piani a lungo termine. D’altronde il fuoco di paglia paga sempre (il manager)… a nostre spese che restiamo in azienda…! Avanti un altro (manager), c’è posto, si aumenti i suoi proventi sulla pelle nostra! Tanto il manager poi va via e noi continuiamo a zappare!
Per sensibilizzare l’opinione pubblica ho stigmatizzato il comportamento, che bene hai descritto, dei banchieri “mordi e fuggi”. Banchieri che hanno dimostrato, in gran parte, di aver privilegiato la ricerca di un profitto rapido in assenza di una visione di lungo periodo finalizzata al consolidamento delle strutture economiche. Ci siamo rivolti anche al Governo affinché agisca sull’elevato carico fiscale, così come siamo intervenuti sull’improponibile richiesta dell’indennità di disoccupazione.