Un aumento di 204 euro al mese è “improponibile, fuori dal contesto storico”. Che la trattativa per il rinnovo
del contratto dei bancari si presenti difficile è noto, ma ieri Francesco Micheli, il responsabile degli Affari
sindacali dell’Abi, ha fatto capire chiaramente che un accordo non è mai stato tanto lontano come in questo
momento.
I sindacati e le banche si sono presi le misure davanti alla platea della Fabi, che ha messo attorno ad un
tavolo i segretari di tutte le sigle di categoria per discutere dell’”emergenza contratto”
Siano ancora nella fase di studio – i sindacati presenteranno ufficialmente la loro piattaforma il 6 aprile –
eppure alla fine gli scambi di battute fuori dai denti non mancano.
Micheli, del resto, non è tipo da nascondersi dietro perifrasi edulcorate. “La posizione dell’Abi è nota. Siamo
in un periodo di grande difficoltà per il settore, la redditività è caduta ai livelli del ’98, la produttività è in
discesa. Ognuno è libero di presentare la piattaforma che vuole, ma lo scenario non può essere ignorato”.
Nessuna marcia indietro, poi, sulla richiesta di revisione del Fondo di solidarietà e sull’introduzione
dell’indennità di disoccupazione; ipotesi, entrambe, che i sindacati vedono come il fumo negli occhi.
Come se non bastasse, l’Abi continua a ritenere valido il Protocollo del 93’, sconfessando di fatto la riforma
contrattuale del 2009 che pure ha sottoscritto (con molti tentennamenti). Ma la questione è più nominalistica
che di sostanza. In realtà la piattaforma messa a punto dai sindacati ricalca i nuovi assetti contrattuali, e non
sembra che sia questo il terreno su cui le banche si preparano a dare battaglia. La Fisac Cgil sarà della
partita, anche se questo impone – a tutela dell’unità, uno dei punti di forza del settore – un supplemento di
mediazione.
Il punto è capire, spiega il segretario generale della Fiba Giuseppe Gallo, “se questo contratto rilancerà la
concertazione o vi metterà sopra una pietra tombale”. Il numero uno dei bancari della Cisl denuncia la
“sperequazione distributiva” che ha contraddistinto il sistema prima della crisi finanziaria. E non nasconde
che i sindacati, per garantire la stabilità, hanno pagato “il prezzo della moderazione salariale”. Il “dividendo
del risanamento”, annota, è andato “a manager e azionisti”, invece che alla contrattazione di secondo livello.
L’esortazione è a ritrovare insieme le ragioni di un disegno – oggi appannato – che “metta insieme
competitività e protezioni sociali”.
Va giù duro Lando Sileoni, il leader della Fabi: “Le banche hanno abdicato alla loro funzione sociale”, lo
dimostra il fatto che, nonostante la crisi, “i banchieri guadagnano sempre di più”. Nessuno sconto all’Abi
nemmeno sul modello contrattuale: “Ha firmato l’accordo del 2009, lo deve rispettare”.
Le richieste dei sindacati, dice il segretario generale della Fisac, Agostino Megale, “hanno l’obiettivo di
riconquistare il potere d’acquisto perduto”. Nulla di irragionevole, tanto che la logica vorrebbe “che la
trattativa si chiudesse velocemente”. Se poi il sistema bancario è in affanno non è solo a causa della crisi:
pesano anche le tasse “più alte che negli altri paesi europei”. Invece di rivalersi sui lavoratori, propone il leader dei bancari della Cgil, le banche “dovrebbero esercitare una forte pressione sul governo” per ottenere
un taglio fiscale.
(Conquiste del Lavoro, mercoledì 30 marzo 2011)