Una telefonata qualche ora prima dell’arrivo: «Siamo della Banca d’Italia. Stiamo per commissariare l’istituto». Poi il repentino scioglimento di vertici e l’avvio dell’amministrazione straordinaria. Il fallimento di un big della finanza speculativa? No, scene da banche locali. Sempre più frequenti: tra il 2009 e il 2010 una ventina di piccoli istituti è finita sotto tutela per cattiva gestione o mancato rispetto delle norme come quelle in materia di antiriciclaggio, o perdite patrimoniali. Nel 2008 erano solo tre.
Vincitrici di clienti nella crisi, anche le banche locali hanno i loro guai. Impigliati negli ultimi due anni, oltre ai numerosissimi soci, almeno 180 mila clienti e 1.800 dipendenti (di cui almeno 435 già licenziati). Ci sono i casi di cronaca: il Credito Fiorentino guidato da Denis Verdini e gli istituti emiliani Ber, gruppo Banca Delta e Sedici Banca, Carim di Rimini e Credito di Romagna invischiati nelle indagini su San Marino. Ma gli uomini di Mario Draghi sono sbarcati in forze anche in realtà meno conosciute. Tanto che Bankitalia ha dato fondo alle proprie riserve di commissari: ha attinto agli elenchi dei candidati per i collegi dell’Arbitro bancario e finanziario e ha coinvolto gli organismi di categoria.
In gioco spesso c’è più di un secolo di storia. Vicino a Cremona è stata commissariata la Bcc di Offanengo, classe 1907, quattro sportelli e 580 soci, dove l’esposizione verso il settore immobiliare ha messo in difficoltà i conti. Sfumate le nozze con Banca Cremasca, a settembre la guida è passata agli uomini di Draghi (tra cui anche Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio).
Qualche chilometro più in là, Mantovabanca 1896 è finita a giugno sotto tutela dopo la scoperta di un buco da 27 milioni di euro. La colpa è solo in parte della crisi: nel 2007 erano già arrivate le sanzioni di via Nazionale per carenza di controlli interni e ora la situazione è precipitata. Curioso il caso della Banca dei Farmacisti spa, in amministrazione dal marzo 2010. Problemi di categoria? Non proprio: la banca nata su impulso di farmacisti marchigiani e abruzzesi si rivolge a tutti ed è andata in crisi di liquidità. Una raffica di commissariamenti ha colpito la Calabria: la Bcc diTarsia segue le Bcc di Scandale, di Cosenza, di San Vincenzo La Costa, della Sibaritide.
Sono infatti le Bcc a essere più nei guai, per colpa della loro natura. Un coltivatore diretto, un portalettere, un operaio, un agricoltore, un poliziotto, due negozianti, un vigile urbano, un commerciante di legna, due pensionati, un impiegato Telecom: così era composto il cda della Banca della Tuscia, uscita dal commissariamento nel 2008. «In queste realtà», spiega Lando Maria Sileoni, segretario nazionale della Fabi, il maggior sindacato bancario, «la conoscenza bancaria non è particolarmente ampia, e la gestione è nelle mani del direttore generale. I commissariamenti dipendono spesso da cattiva gestione professionale, che la crisi può aver acuito. Inoltre oggi c’è una politica di controllo verso le Bcc molto più attenta». «Le Bcc sono la Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma – Dipartimento Comunicazione & Immagine maggioranza delle banche del sistema (421 istituti con 4.300 sportelli in 2.672 comuni)», ribatte il presidente di Federcassa Alessandro Azzi, «è fisiologico che i casi siano più numerosi. Ma non si è mai verificato il blocco dei conti». Per ora la sospensione dei pagamenti ha riguardato tre istituti (Ber, Banca Mb, e la Banca dei Farmacisti, ora regolare). Negli altri l’operatività va avanti. Cosa aspettarsi poi? In caso di fallimento, il fondo interbancario di Garanzia tutela tutti i depositanti fino a 103 mila euro a banca e per le Bcc si aggiunge il Fondo di settore. Ma i commissari lavorano per rimettere in corsa l’attività. Alla Bcc di Cagliari, commissariata a giugno, si spera di raddrizzare la situazione entro un anno. Nel 2010 tre Bcc sono state rimesse in piedi (la Bcc di Rimini è riuscita a rimanere indipendente, la Bcc di Bientina e quella del Molise si sono fuse con altre banche). E sta per tornare alla gestione ordinaria la Popolare Vesuviana. Qualcuna invece non ce la fa: è necessaria la liquidazione coatta amministrativa, come per la Popolare Valle d’Itria. Fortunatamente, per ora, nessun depositante ha visto i suoi soldi sparire.
(L’Espresso, 29 dicembre 2010 – Elena Bonanni)