CREDITO CALDO Ha «ereditato» il posto dal padre, a 16 anni. E ora guida un esercito di 100 mila impiegati.
Presto avrà anche una sua tv. Ecco chi è Sileoni, segretario della Fabi. di Ilaria Molinari
Il 10 settembre non andrà all’incontro con i vertici di Unicredit. Quello che doveva dire ad Alessandro Profumo, amministratore delegato del gruppo bancario che ha comunicato 4.700 esuberi volontari, gliel’ha già detto a fine giugno in un incontro a Roma: non gli è piaciuta l’imposizione dall’alto del piano di riduzione del personale.
Vuole che venga intavolata una trattativa. Profumo, in quell’occasione, è stato schivo. Così Lando Sileoni, segretario generale della Federazione autonoma bancari italiani (Fabi), il maggiore sindacato di categoria, aspetta di sapere che cosa è stato comunicato ai rappresentanti dei lavoratori e poi si muoverà di conseguenza.
La partita è importante. E Sileoni lo sa, è un uomo navigato. Ha 50 anni e ben 34 li ha dedicati a far valere i diritti dei lavoratori.
Aveva 16 anni infatti quando si è seduto per la prima volta dietro lo sportello del Banco del Cimino di Viterbo, trasformatosi poi nel Credito Emiliano-Bresciano, diventato nel 1997 Banco di Brescia, poi gruppo Ubi e infine Banco popolare. Un ingresso in banca «ereditato» dal padre, dirigente della piccola banca di Viterbo. Vecchi privilegi. Da subito il giovanissimo Lando si è iscritto al sindacato. E la scalata è stata graduale. Ma costante. Fino al febbraio scorso quando è stato nominato segretario generale di Fabi, il più grande sindacato autonomo in Italia. Con i suoi 60 anni di storia rappresenta 100 mila iscritti su 340 mila lavoratori, conta 5 mila dirigenti e 96 sedi.
Il giorno delle elezioni è stato un plebiscito: ha ricevuto il 99% dei consensi. Sarà per il suo modo di porsi sempre diretto e chiaro che nulla lascia all’immaginazione. Sileoni piace. Anche perché negli anni ha portato a casa importanti vittorie. L’ultima in ordine di tempo, nel giugno scorso, quando ha chiuso una lunga trattativa con Ubi banca: a fronte di 500 uscite incentivate sono stati assunti 550 precari.
Le prossime sfide, oltre alla partita Unicredit, sono il rinnovo del contratto di categoria che scade a dicembre («deve essere fatto il prima possibile») e poi l’avvio delle trattative con il Banco popolare già da ottobre e con Intesa Sanpaolo nella primavera del 2011, quando verranno aggiornati i rispettivi piani industriali. «Quello che conta è che si tutelino al massimo i lavoratori uscenti e che si investa molto sulle nuove leve, sui giovani e su quanti hanno contratti a termine» dice Sileoni a Economy. Il piglio è del politico. Non è un caso che Sileoni abbia già ricevuto diverse offerte per candidarsi in Parlamento. Da destra e da sinistra. Per ora non ne vuole sapere. Anche se un debole ce l’ha. E si chiama Raffaele Bonanni, attuale se-gretario della Cisl. L’unico per il quale sarebbe disposto a mettere un piede nell’agone politico. Sileoni, infatti, non è nuovo a questo tipo di esperienza.
Aveva 25 anni quando è stato nominato assessore allo Sport, turismo e spettacolo al Comune di Viterbo durante la giunta di Giuseppe Fioroni. Poi è diventato consigliere regionale a Roma. Nessuna tessera di partito, ma un’etichetta di «indipendente» nelle liste dell’allora vivace Partito socialista. «Ne sono uscito nauseato e ho preferito tornare alla mia grande famiglia, il sidacato» racconta.
La sua battaglia adesso è tutta tesa a difendere le nuove generazioni, senza trasformare le vecchie in mera merce di scambio.
Difficile per una categoria che ha sempre vissuto di privilegi. «Ma che non è stata in grado di seguire i cambiamenti della società. E ne subisce le conseguenze» dice Sileoni, che da quando è arrivato ai vertici di Fabi ha cambiato il 50% del comitato direttivo centrale, nel quale ha fatto entrare rappresentanti più giovani.
Nel 2011 partiranno le trasmissioni della sua ultima creatura: una web television che trasmetterà da Roma 24 ore al giorno con approfondimenti sul mondo bancario e sul rapporto con i lavoratori. Uno dei tanti strumenti, dice, per evitare che l’ambiente si trasformi in una foresta pietrificata. Bisogna guardare avanti, paradossalmente senza cambiare troppo. La perdita del contatto con il territorio è la morte civile delle banche italiane. E i grandi gruppi devono tornare a parlare il linguaggio della gente. Profumo è avvertito.