Roma, 22 feb. (Labitalia) – “Aggiornamenti dei piani industriali, nuovi criteri per le libertà sindacali da riscrivere con Abi e rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per il settore del credito”. In tre punti, Lando Maria Sileoni, neo segretario generale della Fabi (la Federazione autonoma dei bancari italiani), sintetizza con LABITALIA, gli impegni che lo aspettano in questo 2010, alla guida di uno dei sindacati più rappresentativi dei lavoratori del credito. La Fabi conta infatti oltre 100 mila iscritti, 97 sedi provinciali e 5.800 dirigenti sindacali sul territorio. Sileoni è stato eletto la scorsa settimana con il 98% dei consensi (pari a 94.587 voti a favore su 96.000 preferenze espresse
dai 1.000 delegati) al termine del XIX Congresso nazionale, svoltosi a Roma.
“Il primo impegno che si prospetta nel 2010 -dice Sileoni- è quello della discussione sugli aggiornamenti dei piani industriali dei grandi gruppi bancari. Il primo a partire dovrebbe essere, a fine marzo, quello di Ubi Banca, seguito da tutti gli altri che hanno dichiarato (con la sola eccezione di Unicredit) di volere rivedere i piani industriali”. Poi, prosegue Sileoni “vorremmo
riscrivere con Abi nuovi criteri per le libertà sindacali, perché vorremmo che sia premiato il concetto di rappresentatività”. Tra i traguardi da tagliare per l’anno in corso c’è anche quello che porta al rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per i circa 343.000 dipendenti del settore. Il contratto è infatti in scadenza a dicembre 2010. “La piattaforma -annuncia il segretario generale della Fabi- potrebbe essere pronta a settembre-ottobre”. Di sicuro, sottolinea Sileoni “il contratto non può assolutamente aggiungere crisi al settore, come chiedono i banchieri, ma dovrà recuperare quanto perso anche
con gli ultimi rinnovi”.
Le prospettive occupazionali del settore credito per il 2010 “ancora non sono del tutto chiare”, avverte Sileoni. “Il problema fondamentale -spiega il neo segretario della Fabi- è nessuno ancora ha ben chiaro quale sarà il modello di banca dei prossimi mesi. Se prevarrà il modello ‘tradizionale’, le banche dovranno porsi il problema di come reinvestire gli utili e di come allargare il credito; se invece prevarrà il modello di ‘banca d’investimento’, allora le banche punteranno sulle stock options e sugli stipendi ai manager e sui ricavi degli azionisti. Il presidente Obama è stato chiaro: lui spinge per la prima ipotesi, così come in Europa il presidente Sarkozy e il nostro ministro Tremonti. Ma per capire dove andrà il mercato -conclude- dobbiamo aspettare ancora un po’”.